Biografia di un’eroina dei nostri tempi

Anna Politkovskaja nasce a New York il 16 settembre 1958. I genitori, di origine ucraina, lavorano all’ONU in qualità di diplomatici sovietici. Nel 1980 consegue la laurea in giornalismo presso l’Università di Mosca. Dal 1982 al 1993 è impiegata per l’Izvestija, un prestigioso giornale di Mosca, a partire dal 1994 lavora come cronista per la Obščaja Gazet e collabora per altre radio ed emittenti televisive. Dal 1999, fino alla sua tragica scompasa, lavora per la Novaja Gazeta e in quegli stessi anni pubblica dei libri apertamente critici riguardo l’operato del presidente russo Vladimir Putin nella guerra condotta in Cecenia.
Il suo reiterato impegno a sostegno della libertà di cronaca (e, in generale, di espressione), protratto nel denunciare verità e retroscena scomodi per il potere centrale russo, la costringe ad abbondare la Russia a causa di ripetute minacce di morte, ricevute in particolare da Sergei Lapin (più volte citato dalla Politkovskaja in quanto autore e responsabile di criminosi atti nei confronti della popolazione cecena, per i quali subirà una condanna nel 2005), un dipendente della Polizia di Stato russa, organo facente capo al Ministero degli Interni.

In Cecenia la giornalista di origini ucraine si reca molto spesso, denunciando le brutalità portate a compimento dall’esercito russo; nel 2005 durante una conferenza stampa dichiara: <>. Nel saggio pubblicato postumo (edito nel 2007) si legge:< Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’incontrarmi quando scrivo un articolo o conduco un’indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie.
Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci>>.

Il corpo privo di vita di Anna Politkovskaja viene rinvenuto a Mosca il 7 ottobre 2006 nell’ascensore del suo palazzo. Accanto al suo cadavere vi sono quattro bossoli, uno dei proiettili ha colpito la giornalista alla testa. Le indagini verteranno sulla premeditazione dell’omicidio, compiuto ad opera di un killer assoldato. I mandanti non saranno mai individuati.

Al funerale a Mosca parteciperanno centinaia di persone, ma nessun rappresentante del governo russo presenzierà alla cerimonia funebre. La sua vicenda avrà un’incessante risonanza in tutto l’Occidente, purtroppo in Russia non si avranno le medesime sensibilizzazioni e non vi saranno le opportune ripercussioni derivanti dal suo esemplare impegno.